I feocromocitomi sono tumori rari che originano dalle cellule cromaffini della midollare del surrene.
E’ caratterizzata da ipersecrezione di catecolamine.
Epidemiologia
Come molte cause secondarie di ipertensione, i feocromocitomi sembrano essere sottodiagnosticati. Uno studio autoptico ha identificato feocromocitomi non diagnosticati nello 0,05% delle autopsie.
I feocromocitomi rappresentano circa il 5% delle lesioni surrenali scoperte incidentalmente nel corso di esami diagnostici eseguiti per altri motivi.
L’incidenza del feocromocitoma nella popolazione ipertesa è 0,1-0,2 %.
Circa il 10% dei feocromocitomi è maligno.
Possono associarsi ad alcune sindromi familiari come le neoplasie endocrine multiple:
- MEN 2A (carcinoma midollare della tiroide, feocromocitoma, iperparatiroidismo);
- MEN 2B (carcinoma midollare della tiroide, feocromocitoma, neurinomi mucosi, habitus marfanoide, ganglioneuromatosi)
- malattia di von Recklinghausen (macchie “cafè au lait”, feocromocitoma, neurofibromatosi)
- malattia di von Hippel-Lindau (emangioma della retina, emangioblastoma del SNC, cisti e carcinoma del rene, feocromocitoma, cisti pancreatiche, cistoadenoma dell’epididimo);
Clinica
Nel feocromocitoma gli episodi di ipertensione tendono ad essere parossistici e sono descritti in letteratura come associati a cefalea, tachicardia,palpitazioni e sudorazione. Tuttavia, non è raro che i pazienti presentino un’ipertensione resistente. La presenza di ipertensione resistente a molteplici terapie con farmaci antipertensivi dovrebbe far sorgere il sospetto di feocromocitoma.
Un quadro clinico caratterizzato dall’associazione dell’ipertensione alla triade sintomatologica di cefalea, sudorazione e palpitazioni è patognomonico di feocromocitoma, con una sensibilità dell’89% e una specificità del 67%.
Episodi di ipertensione grave possono essere accelerati dagli antagonisti dei recettori della dopamina, dai beta-bloccanti (tipicamente non selettivi), dagli antidepressivi triciclici, dai corticosteroidi, dai simpaticomimetici e dagli agenti neuromuscolari; o possono essere notati nel contesto di un intervento chirurgico o dell’induzione dell’anestesia.
Il feocromocitoma può avere presentazioni cliniche diverse a seconda dei modelli di secrezione del tumore. I tumori che secernono dopamina e i tumori con scarsa secrezione ormonale possono provocare una presentazione subclinica e lieve della malattia.
Si possono distinguere le manifestazioni cliniche del feocromocitoma in relazione alla quantità e alla tipologia di secrezione, rispettivamente adrenergica e noradrenergica.
Feocromocitoma a secrezione adrenergica
Si manifesta con crisi ipertensive parossistiche associate a stato ansioso, tremore, cefalea, palpitazioni, dolori crampiformi all’epigastrio, sudorazione, pallore e cianosi del volto.
Le crisi possono essere esacerbate da emozioni, sforzi, pasti abbondanti, ma anche da tutte le situazioni che possono determinare una sollecitazione meccanica della massa (defecazione, manovre palpatorie sul tumore ecc.).
La pressione sistolica si aumenta con crisi ipertensive (fino a 250-300 mmHg) in assenza di significative alterazioni consensuali della pressione arteriosa diastolica.
Tipicamente le crisi si risolvono in circa 1-2 ore.
Le crisi ipertensive si associano generalmente a iperglicemia, glicosuria e iperkaliemia dovute alla glicogenolisi, e ad aumento del metabolismo basale, conseguenti all’aumentato tono adrenergico.
Feocromocitoma a secrezione noradrenergica
E’ caratterizzato da ipertensione arteriosa persistente.
La diagnosi differenziale con l’ipertensione arteriosa essenziale è spesso difficile.
La persistenza dello stato ipertensivo determina, analogamente ai quadri di ipertensione essenziale, l’instauramento di ipertrofia miocardica, alterazioni dei vasi retinici e, talvolta, sofferenza renale.
Esame obiettivo
In sintesi, i risultati dell’esame obiettivo possono rilevare quanto segue:
Ipertensione
Tachicardia
Ansia
Diaforesi
Neurofibromi sottocutanei
Macule caffelatte
Massa tiroidea
Lentiggini ascellari
Noduli di Lisch sull’iride
Angiomi retinici
Massa addominale
Laboratorio
La diagnosi di feocromocitoma può essere stabilita mediante conferma biochimica dell’ipersecrezione di metanefrine e catecolamine. Secondo le più recenti linee guida della società endocrina, la valutazione biochimica iniziale dovrebbe includere metanefrine frazionate nel plasma o metanefrine frazionate nelle urine.
I valori possono essere rilevati sia nel sangue sia nelle urine e i composti più comunemente misurati sono le catecolamine stesse (noradrenalina e adrenalina), le metanefrine (metanefrina e normetanefrina) e l’acido vanilmandelico (VMA).
La misura delle metanefrine frazionate plasmatiche o urinarie il mezzo più sensibile per la diagnosi di feocromocitoma e rappresenta il gold standard della diagnosi di laboratorio.
Le linee guida raccomandano che il sangue venga prelevato in posizione supina dopo che il paziente è stato completamente sdraiato per almeno 30 minuti prima del prelievo.
La misura delle catecolamine, sia nel plasma sia nelle urine, offre caratteristiche di sensibilità e specificità intermedie rispetto alle metanefrine e al VMA. Spesso il feocromocitoma secerne in modo discontinuo e pertanto il dato di laboratorio può risultare diverso a seconda del momento secretorio. In questo senso è fondamentale valutare se nel periodo della raccolta urinaria o al momento del prelievo il paziente presentava normo o ipertensione, era sintomatico o meno. Per esempio, il riscontro di normali valori di catecolamine plasmatiche in un campione prelevato in corso di crisi ipertensiva esclude virtualmente la presenza di feocromocitoma.
Il vantaggio della misura delle metanefrine risiede nel fatto che queste vengono secrete dal tumore in modo continuo con meccanismo diverso e autonomo rispetto a quello delle catecolamine, che invece è spesso di tipo intermittente. Pertanto, uno dei vantaggi offerti dal dosaggio delle metanefrine è che un riscontro di normali valori di metanefrina e normetanefrina nel plasma o nelle urine permette in pratica di escludere la presenza del feocromocitoma.
Metanefrine e catecolamine frazionate nelle urine delle 24 ore del paziente è un buon test di screening per la valutazione biochimica del feocromocitoma. Secondo le linee guida, la creatinina urinaria dovrebbe essere misurata per verificare la completezza della raccolta.
Il riscontro di valori elevati di metanefrine è diagnostico per feocromocitoma solo se l’aumento delle metanefrine plasmatiche o urinarie è superiore a determinati valori soglia cui si correlano diverse sensibilità e specificità. Aumenti delle concentrazioni al di sotto di questi limiti dovrebbero essere considerati dubbi e pertanto necessitare di ulteriori indagini di approfondimento, che vanno dalla ripetizione delle misure basali all’uso di test dinamici.
Il test di stimolo con glucagone, secondo alcune esperienze della letteratura corrente, va considerato obsoleto per la sua scarsa sensibilità e specificità e soprattutto per la sua pericolosità.
Al contrario il test di soppressione con clonidina è un test riproducibile, che può risultare utile per meglio definire la diagnosi nei pazienti con aumenti borderline delle catecolamine o delle metanefrine.
Il test di soppressione con clonidina si basa sul principio che un’attivazione cronica del sistema simpatico, che comporta un aumento del rilascio di catecolamine e un aumento delle metanefrine per loro metabolizzazione periferica, risente, a differenza della secrezione tumorale, dell’azione di inibizione esercitata dalla clonidina attraverso lo stimolo dei recettori α-2 presinaptici. Ne deriva che aumentati livelli di catecolamine causati da attivazione simpato-adrenergica vengono riportati a valori normali dalla clonidina, che invece non esercita alcun effetto su livelli aumentati per secrezione tumorale. Il test, che prevede la misura delle catecolamine o delle metanefrine plasmatiche, è facilmente praticabile e ha poche controindicazioni: fra queste, la sua esecuzione in pazienti in trattamento con β-bloccanti nei quali la clonidina potrebbe indurre eccessiva bradicardia o brachiaritmie. Inoltre occorre ricordare che il test non può essere eseguito in pazienti in trattamento con antidepressivi triciclici, nei quali, fra l’altro, i valori delle catecolamine e delle metanefrine risultano spesso superiori alla norma. Il periodo di sospensione degli antidepressivi necessario per ristabilire la sensibilità alla clonidina è piuttosto lungo e si aggira intorno alle 3-4 settimane.
Il dosaggio della cromogranina A, sebbene poco specifico (può essere elevata anche in altri tumori neuroendocrini) e poco sensibile (i suoi livelli si correlano alle dimensioni del tumore), può trovare a tutt’oggi indicazione nel follow-up postoperatorio per verificare il successo chirurgico o una ripresa di malattia.
Diagnosi strumentale
Il passo successivo nella valutazione dopo che i test biochimici suggeriscono il feocromocitoma è localizzare il tumore utilizzando studi di imaging.
Secondo le linee guida, una TC dell’addome e della pelvi è il test di imaging iniziale raccomandato per localizzare il tumore.
La RM è un’alternativa accettabile alle scansioni TC, in particolare quando si desidera evitare radiazioni o contrasto, sebbene la sua risoluzione spaziale sia inferiore. In particolare viene considerata diagnostica di feocromocitoma l’iperintensità nelle sequenze T2-pesate alla RM.
Per la malattia metastatica, si consiglia la scansione PET con 18F-FDG. La scansione 123I-MIBG rappresenta un’alternativa quando è pianificata la radioterapia con 123I-MIBG.
Test genetici
Poiché fino al 35% dei casi può essere correlato a mutazioni che causano malattie della linea germinale, si dovrebbe prestare la dovuta considerazione ai test genetici in tutti i pazienti con diagnosi di feocromocitoma.
I tumori bilaterali e i tumori che si presentano in età più giovane sono più comunemente associati a sindromi ereditarie.
Dopo aver identificato una mutazione patogenetica, si dovrebbe prendere in considerazione lo screening genetico dei parenti di primo grado.
Criteri di malignità
La diagnosi differenziale tra lesioni benigne e maligne può essere difficoltosa e controversa persino alla valutazione istopatologica.
Gli unici criteri sicuri di malignità sono rappresentati dalla presenza di invasione locoregionale e/o metastasi a distanza. Alcuni autori correlano il rischio di malignità con il diametro della lesione. Tuttavia è stato riportato che, sebbene il rischio di malignità aumenti all’aumentare delle dimensioni, il diametro della lesione non è un fattore predittivo di malignità statisticamente significativo nel caso di feocromocitoma localizzato.
In assenza di indicatori preoperatori di malignità, la scelta dell’approccio chirurgico nel trattamento del feocromocitoma con malattia localizzata rimane controversa.
In assenza di sicuri criteri preoperatori di malignità, la scelta dell’approccio chirurgico per il feocromocitoma risulta determinata, a tutt’oggi, dall’assenza di invasione locale e/o a distanza e dall’esperienza del chirurgo. Il criterio dimensionale da solo è insufficiente per la diagnosi preoperatoria di malignità.
Diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale comprende:
Acrodinia
Attacchi di panico
Carcinoide
Cardiomiopatia
Disturbo d’ansia
Emicrania
Iperaldosteronismo
Ipertensione indotta da farmaci
Ipertiroidismo
Preeclampsia
Sindrome da tachicardia posturale (POTS)
Sindrome di Cushing
Stenosi dell’arteria renale
Terapia chirurgica
Il trattamento definitivo del feocromocitoma è la resezione chirurgica.
Feocromocitomi unilaterali:
La maggior parte dei tumori sporadici sono unilaterali.
Surrenectomia minimamente invasiva: secondo le linee guida della società endocrina, la surrenectomia minimamente invasiva (laparoscopica) è il trattamento preferito per la maggior parte dei feocromocitomi surrenalici unilaterali.
Surrenectomia aperta: può essere presa in considerazione nei feocromocitomi surrenalici più grandi o nei casi in cui il tumore è considerato invasivo.
Feocromocitomi bilaterali:
Sono più comunemente associati a casi ereditari, in particolare alla neoplasia endocrina multipla di tipo 2 (MEN2) e alla malattia di von Hippel-Lindau (VHL). In questi casi, la surrenectomia totale bilaterale è associata alla necessità permanente di terapia sostitutiva con steroidi, con effetti collaterali a lungo termine.
La surrenectomia bilaterale parziale o con risparmio corticale (aperta o laparoscopica) è un’opzione in questi casi e ha dimostrato una sopravvivenza simile nonostante la recidiva del tumore e la preservazione della funzione surrenalica con ridotta necessità di terapia sostitutiva con glucocorticoidi per tutta la vita.
Nel preoperatorio, è mandatoria una corretta preparazione del paziente onde evitare complicanze intra e perioperatorie potenzialmente letali legate all’instabilità emodinamica.
Secondo le linee guida della società endocrina, i farmaci iniziali di scelta per la preparazione preoperatoria sono i bloccanti dei recettori alfa-adrenergici.
Un regime tipico includerebbe l’inizio della fenossibenzamina da 7 a 14 giorni prima dell’intervento chirurgico con una dose di 10 mg per via orale due volte al giorno, attentamente titolata fino a una quantità massima di 1 mg/kg/die. A causa di un migliore profilo di effetti collaterali, in alternativa è possibile utilizzare la doxazosina (agente selettivo alfa-1).
Almeno 3-4 giorni dopo l’inizio della terapia con alfa-bloccanti, vengono iniziati i beta-bloccanti (propranololo, atenololo, metoprololo) per controllare la tachicardia. Questi agenti non devono essere iniziati senza un precedente terapia con alfa-bloccanti a causa del rischio di precipitare una crisi ipertensiva a causa della stimolazione incontrastata dei recettori alfa.
I calcioantagonisti (amlodipina e nifedipina) sono agenti alternativi/aggiuntivi che controllano efficacemente l’ipertensione nel periodo preoperatorio.
I capisaldi della gestione perioperatoria includono:
Prevenzione del picco di catecolamine attraverso una manipolazione minima della lesione, prevenzione della fuoriuscita del contenuto del tumore (specialmente nelle lesioni cistiche) e controllo precoce della vena surrenale.
Gestione dell’improvvisa diminuzione delle resistenze vascolari periferiche (ipotensione) a seguito della rimozione chirurgica della lesione.
Il successo dell’intervento chirurgico risulta condizionato da un adeguato approccio multidisciplinare che prevenga e/o tratti le potenziali complicanze derivanti da alcune problematiche peculiari: la localizzazione spesso multipla (tumori multicentrici nel 16-28% dei casi), l’instabilità emodinamica che può insorgere prima, durante e dopo la terapia chirurgica e infine la difficoltà di una diagnosi di natura.
La maggior parte dei feocromocitomi può essere trattata in maniera adeguata con approccio laparoscopico. Tuttavia, la conversione a chirurgia laparotomica deve essere considerata ogni qual volta la dissezione risulti difficoltosa, come per esempio in presenza di fenomeni aderenziali e/o infiltrativi che possano condurre al rischio di effrazioni capsulari e conseguente feocromocitomatosi.
Sono stati descritti diversi approcci chirurgici per il trattamento del feocromocitoma; tuttavia, è riconosciuta una strategia chirurgica comune che prevede di minimizzare la manipolazione del tumore al fine di ridurre l’instabilità emodinamica, possibile anche nel caso di pazienti adeguatamente preparati, e di garantire l’integrità della capsula tumorale per evitare il rischio di diffusione neoplastica e recidiva locale anche nel caso di lesioni altrimenti benigne.
Complicanze
Le complicanze della feocromocitoma comprendono:
Acidosi lattica
Ansia
Aritmia cardiaca
Convulsioni (bambini)
Depressione
Edema polmonare
Encefalopatia ipertensiva
Enterocolite ischemica
Incidente cerebrovascolare
Infarto miocardico
Infarto renale
Insufficienza renale
Polidipsia (bambini)
Poliuria (bambini)
Retinopatia ipertensiva
Shock cardiogenico
Sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS)
Vasculite cerebrale
Prognosi
L’introduzione del trattamento con α-litici ha determinato una significativa riduzione della mortalità operatoria.
Uno stato ipertensivo di media entità può persistere dopo l’intervento chirurgico.
Il feocromocitoma maligno può recidivare precocemente. È essenziale riconoscere il rischio di recidiva dei feocromocitomi. Questo rischio è presente sia nei casi sporadici che familiari. In uno studio su 192 pazienti con feocromocitomi e paragangliomi, il rischio di recidiva era più elevato nei tumori familiari, surrenalici destri ed extra-surrenalici.
In letteratura siano stati riportati casi con recidive insorte dopo 24 anni dal trattamento chirurgico apparentemente curativo.
Come stimato da una recente meta-analisi, il tasso di recidiva dopo un intervento chirurgico curativo sembra essere basso, pari al 3%, con un follow-up medio di 77 mesi. Le linee guida della Endocrine Society raccomandano test biochimici annuali per tutta la vita per valutare la presenza di malattie ricorrenti o metastatiche.
Referenze:
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