Epidemiologia delle lesioni traumatiche del colon
Lesioni traumatiche del colon, nella maggior parte, sono conseguenti a traumi penetranti per ferite da arma da fuoco e ferite da arma bianca della parete anteriore e posteriore (27% dei casi).
Sono spesso associate a lesioni di altri organi e, quando presenti, determinano un peggioramento della prognosi da tre a quattro volte.
Il colon trasverso si lesiona di più da ferite da arma da fuoco.
Il colon sinistro si lesiona di più da ferite da arma bianca.
Lesioni conseguenti a trauma chiuso sono poco frequenti (0,5% dei traumi maggiori).
I segmenti più frequentemente danneggiati nel trauma chiuso sono il colon trasverso e sinistro, in particolare in presenza di mezzi di ritenzione non correttamente indossati.
Meccanismo di lesione
Di solito le lesioni sono determinate direttamente dall’oggetto penetrante.
Nelle ferite penetranti da arma da fuoco con proiettili ad alta velocità sono possibili lesioni da devascolarizzazione in grado di evolvere in perforazione nel giro di qualche giorno, specie nelle ferite con tramite extraperitoneale.
Lesioni conseguenti a trauma chiuso, di solito, non interessano la parete a tutto spessore.
Il meccanismo più comune è l’incidente automobilistico, dove possono agire forze di decelerazione, stiramento (avulsione del colon dal mesentere con conseguente ischemia) o di compressione (lesioni da scoppio di un settore di ansa chiuso o compresso contro il rachide).
Un’altra evenienza è la formazione di ematomi di parete (soprattutto al cieco) o parziali speritoneizzazioni che evolvono in lesioni perforative a distanza di giorni dal trauma.
Diagnosi delle lesioni traumatiche del colon
Una lesione colica dev’essere sospettata in caso di:
-traumi penetranti con tramite anteriore
-traumi del fianco
-traumi delle natiche
-nei traumi chiusi, in presenza di fratture del bacino o di segni da cintura di contenzione.
La presenza di sangue nell’esplorazione rettale è indicativa di lesione intestinale.
Si deve ricordare che franchi segni di peritonismo possono non essere apprezzabili alla valutazione iniziale, sia per l’impossibilità di valutare correttamente l’obiettività addominale nel paziente con alterazioni dello stato neurologico, sia perché lesioni coliche retroperitoneali possono manifestarsi con segni di sepsi o di reattività peritoneale anche a distanza di 24 ore dal trauma.
La radiografia dell’addome in due proiezioni può rivelare la presenza di aria libera.
L’ecografia è di scarso aiuto nella diagnosi.
Nel paziente emodinamicamente stabile, la TC con mdc endovenoso ed endorettale costituisce il gold standard per la diagnosi delle lesioni coliche. Si possono evidenziare segni diretti (presenza di aria libera, discontinuazioni focali della parete intestinale, stravaso di mdc endorettale) e indiretti (alterazioni parziali o focali dello spessore di parete, alterazioni focali dell’impregnazione di contrasto della parete del viscere, infiltrazione o disomogeneità del tessuto adiposo pericolico, presenza di liquido libero in assenza di lesioni degli organi parenchimatosi, segni di sanguinamento attivo di origine mesenteriale, alterazioni della perfusione dei vasi mesenterici).
La laparoscopia non rappresenta la metodica di scelta per diagnosticare le lesioni traumatiche del colon. Le laparotomie negative dopo laparoscopia sono nel 25% dei casi e l’incidenza di lesioni coliche identificate nel corso di laparotomie ma misconosciute durante laparoscopia è del 10%.
Nel paziente instabile, l’identificazione delle lesioni del colon avviene in corso di laparotomia.
Trattamento delle lesioni traumatiche del colon
Durante la laparatomia devono essere esplorati tutti i tratti colici e particolare attenzione dev’essere attribuita alle sedi di discolorazione di parete, di contusione del viscere o del mesocolon.
Tutti gli ematomi sostenuti da trauma penetrante devono essere esplorati e il colon sottostante attentamente valutato, mentre nei traumi chiusi non è indicato esplorare sistematicamente gli ematomi paracolici in assenza di segni di perforazione.
Un metodo efficace per rivelare la presenza di piccole perforazioni tamponate è quello di creare, mediante compressione manuale, brevi segmenti colici ad alta pressione.
Le lesioni di I e II grado sono comunemente considerate “non destruenti”, mentre le lesioni di grado III o superiore vengono definite “destruenti”.
Nelle lesioni non destruenti vi è un forte supporto dell’evidenza a favore della riparazione primaria, indipendentemente da fattori di rischio come il fabbisogno trasfusionale, il grado di contaminazione peritoneale, le condizioni emodinamiche del paziente e l’utilizzo di antibiotici, mentre il confezionamento di una colostomia si associa ad aumento delle complicanze (15% al momento dell’abolizione della stessa).
In presenza di lesioni destruenti è indicata la procedura di resezione-anastomosi solo nei pazienti che soddisfino i criteri di stabilità emodinamica intraoperatoria, che non abbiano altre lesioni associate gravi e nei quali non vi sia stato un ritardo diagnostico e non siano presenti né una grossolana peritonite fecale nè altre significative comorbidità. In questi casi si procede come segue.
Riparazione o sutura primaria senza colostomia: indicata nelle ferite da arma da taglio, da proiettili a bassa velocità, nelle perforazioni in corso di endoscopia, con margini netti, senza devascolarizzazione e senza grossolana contaminazione fecale. La riparazione primaria dopo debridement dei tessuti devitalizzati viene attualmente effettuata nel 60-93% delle lesioni coliche penetranti.
Resezione con anastomosi ileocolica: nelle lesioni del colon destro prossimali all’arteria colica media non riparabili con la sutura diretta.
Resezione con anastomosi colo-colica: nelle lesioni distali all’arteria colica media non riparabili con la sutura diretta.
Resezione con colostomia o ileostomia o esteriorizzazione della perforazione in presenza di massiva contaminazione fecale o in caso di intervento oltre 8 ore.
In presenza dei fattori di rischio , anche se paziente presenta stabilità emodinamica intraoperatoria il trattamento suggerito è la resezione del tratto leso con abboccamento a canna di fucile, se possibile, dei due monconi.
La resezione secondo Hartman o la chiusura della lesione con stomia a monte è obbligatoria per lesioni non esteriorizzabili del sigma distale.
In presenza di instabilità emodinamica, acidosi, ipotermia, coagulopatia, è opportuno un trattamento temporaneo secondo le strategie demage control.
Nella demage control, le lesioni coliche vanno temporanemente trattate mediante resezione con GIA del tratto interessato, soprassedendo al confezionamento di anastomosi e stomie. Il trattamento definitivo è da effettuarsi a distanza di 24-48 ore, una volta ripristinata la riserva fisiologica del paziente. La chiusura della stomia avviene, di norma, a distanza di 3-6 mesi dall’intervento iniziale. Ci sono evidenze cliniche che dimostrano come la ricanalizzazione in tempi più precoci (7-14 giorni) riduce il rischio delle complicanze.
Complicanze dopo il trattamento chirurgico
L’incidenza di complicanze intraddominali conseguenti a traumatismo del colon è alta. Nel 20% dei casi vi è la comparsa di sepsi.
La complicanza più frequente è rappresentata dalla deiscenza dell’anastomosi o della sutura primaria, che non sembra essere influenzata dalla tecnica di sintesi usata. Le deiscenze si verificano in percentuale variabile tra il 2,2 e il 3,2% con minore incidenza per le anastomosi ileo-coliche.
La prognosi delle deiscenze è generalmente buona. La maggior parte dei pazienti può essere trattata conservativamente, mentre il reintervento è indicato in caso di peritonite fecale diffusa e richiede il confezionamento di una stomia.
La mortalità correlata alla complicanza anastomotica è 0,1%.